Cos’è #Cohenproject?

Il 7 novembre 2016 è morto Leonard Cohen il grande poeta della musica ci ha lasciato. I poeti non muoiono, vivono delle loro opere si dice qui si è voluto costruire un esempio concreto di questo e così per un’anno almeno una volta al mese, nell’anniversario della morte del cantante, condivideremo un’immagine con i versi delle sue canzoni. Una cosa davvero piccola piccola, ma che vuole provare a dare un segnale di speranza.

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Non il dolore salva, ma il perdono

Verso l’anno della misericordia pensavo alla croce: alla sofferenza di Gesù su di essa ed ho pensato: non è la sofferenza che salva, ma il perdono. Ciò che ha sovvertito tutto non è la sofferenza del Figlio di Dio che va a sostituire la sofferenza degli uomini come se Dio chiedesse un assurdo tributo di dolore, quello che salva è il perdono di chi venendo ucciso in modo ingiusto, folle e barbaro ed abbandonato da tutti, perdona per primo, senza che gli altri diano segno di pentimento. Così si rivoluziona tutto: non è come si pensa la tradizione la capacità di aggiungere la propria sofferenza a quella di Cristo a salvare (come se ci fosse una quota di dolore che va pagata a non so chi) ma la propria capacità di amore e di perdono, pur in condizioni avverse che si va ad aggiungere a quella di Dio. Il Signore non ha bisogno della nostra sofferenza per salvare, ma del nostro amore e della nostra misericordia. Capace di perdonare per primi. Mi sono fermata a contemplare quest’idea ed era calda, luminosa, pulsante, mi ha ridato forza e mi ha fatto andare avanti.

Virginia Invernizzi

Attorno al tavolo negoziale (ritornateci tutti)

Il tavolo negoziale è il contrario dello scontro e della guerra, è il luogo dove ci si confronta fra posizioni estremamente differenti e si lavora per raggiungere un compromesso.

Chi non vuole un compromesso a quel tavolo non ci si siede neanche; la vittoria assoluta, al tavolo negoziale, non esiste.

Il tavolo negoziale si basa sulla fiducia reciproca, in primis sul fatto che non sia pericoloso sedercisi: la prima paura, quando ci si arriva dopo una guerra, è che sia la scusa per portare a tiro il nemico e sparargli.

Al tavolo negoziale siedono delegati: è uno spazio fisico, non possono sedercisi tutti, succede che si discuta di vertenze di lavoro, fra aziende, fra paesi. Nessuno è lì se non in rappresentanza di qualcun altro, col mandato di qualcun altro. Spesso si è eletti, per sedersi a questi tavoli di discussione.

La trattativa è l’archetipo del gioco ripetuto nella teoria dei giochi: io non ti frego oggi, se no tu mi fregherai domani; io mantengo la mia parola, perché tu mantenga la tua.

Il tavolo negoziale sulla Grecia è impazzito, si è avvitato su se stesso, si è impostato su un’Europa che diceva alla Grecia di tagliare per mille sperando che tagliasse almeno per cinquanta, su una Grecia che tagliava per venticinque fingendo di tagliare per mille. E’ venuta meno la fiducia, non ci si è più ascoltati, si è arrivati a chiedere tagli impossibili, sapendo che non si sarebbero fatti e questo ha esacerbato gli animi. Il gioco ripetuto è diventato un gioco della sfiducia, ti frego oggi perché mi fregherai domani.

Fino ad arrivare ad un premier greco, appena eletto per rinegoziare, che sottopone ai suoi i termini del negoziato: intendiamoci, niente di anomalo, niente che non sia giù successo, nel micro il referendum di Mirafiori era figlio dello stesso meccanismo: io delegato chiedo a voi deleganti cosa ne pensate dell’ipotesi di compromesso.

I greci hanno detto no.

Ora si deve rilanciare, tornare a quel tavolo, tutti, subito, ricostruire la fiducia, non cedere alla tentazione di altri referendum, perché temo che se si chiedesse ai Tedeschi se vogliono avere un aumento di tasse per aiutare la Grecia forse direbbero no, ed anche questa sarebbe democrazia.

Il tavolo negoziale, finché dura, finché ci sono trattative in corso, purtroppo o per fortuna vede solo se stesso e solo al suo interno misura sconfitte o vittorie. Se lo deve ricordare Tsipras, i suoi gli hanno confermato una linea (che non è affatto l’uscita dall’Euro) ma lui deve convincere gli altri leader europei: può farlo solo al tavolo negoziale, può farlo solo attraverso il compromesso. Questo il referendum greco non l’ha cambiato. Gli altri leader potranno vedere la sua forza, ma anche usare il referendum contro di lui (i Greci hanno detto “no” perché aiutarli?)

Il tavolo negoziale vince solo se supera se stesso verso una prospettiva, se dice a Greci, Italiani, Tedeschi, etc cosa vuol dire essere europei e perché vale la pena sopportare sacrifici per esserlo. Solo la speranza di una pace, di un avvenire diverso, giustificherà per tutti una quota di compromesso. Il successo dei tavoli negoziale è dipeso in gran parte da questo: la speranza del futuro, contro gli odi del passato. Questo si deve costruire in primo luogo attorno al tavolo negoziale, devono essere i rappresentati a chiederlo ai loro capi di governo, serve che i popoli europei lo sognino, ci vuole politica, cultura, capacità di visione, per far riuscire un tavolo negoziale #dream4Europe #hope4Europe

Anna Rita Leonardi contro la mafia con la politica ! 

  
L’accusano di voler sfruttare l’antimafia per scalare il partito democratico. Le contestano di usare Platì per conquistare il titolo di paladina della legalità. E con questa spilletta garantirisi un posto nel cerchio magico del premier. Platì, il piccolissimo comune dell’Aspromonte di 3 mila abitanti dove non si sono svolte le elezioni per protestare contro i ripetuti scioglimenti per mafia, è noto più per la cronaca giudiziaria: fortino di cosche molto potenti. Spesso al centro di retate notturne e arresti a valanga.
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2015/05/26/news/anna-rita-leonardi-la-donna-che-vuole-riportare-la-politica-in-aspromonte-1.214422?fb_action_ids=10206844134085771&fb_action_types=og.shares&fb_source=other_multiline&action_object_map=%5B775755812531944%5D&action_type_map=%5B%22og.shares%22%5D&action_ref_map=%5B%5D

Mattarella al Sermig: il perdono chiave per la pace 

Bellissimo esempio di buona politica questo discorso del presidente Mattarella al Sermig:

Torino, 14/05/2015

Vi ringrazio per la vostra accoglienza. Vi ringrazio per le parole che avete pronunciato; e per i gesti che abbiamo compiuto insieme.

Adesso anch’io, come già altri presidenti della Repubblica prima di me, posso sentirmi parte della vostra comunità. E posso condividere le parole che Sandro Pertini – trentuno anni fa – affidò a Ernesto Olivero: nei “volti sereni” di questi giovani, scrisse, “nei loro canti gioiosi ho visto l’Italia dell’avvenire”.

Oggi mi avete fatto davvero un grande dono. Abbiamo vissuto insieme momenti di serenità e di riflessione, che ricorderò. 

Abbiamo bisogno di tenere sempre vigile la nostra coscienza per affrontare le responsabilità. Per questo è stato importante confrontarsi sulle ragioni della vita, parlare di grandi ideali, proporsi insieme di raggiungerli.

Ernesto Olivero, nel suo intervento iniziale, ha ricordato alcune grandi personalità che sono passate dall’Arsenale della Pace. Ne conoscevo bene una: Benigno Zaccagnini. Per me è stato importante seguire la sua vita. Come una lezione. Nel suo ultimo discorso pubblico, a Cesena, pochi giorni prima di morire, fece questa considerazione: “La politica è cercare di capire le grandi cose. Per dare ad esse un senso. Per intervenire possibilmente affinché si svolgano secondo un fine, nella consapevolezza che tutto è strumento (anche il partito è strumento) e lo strumento si nobilita in relazione al fine che si vuole raggiungere”.